Figlio mio,
A te Giuseppe figliuol mio carissimo ed amatissimo dedico, consagro e dono questo libercolo per te appostamente scritto di mio proprio pugno, e sul quale mi è piaciuto di consegnare tutta quella parte de' miei vernacoli componimenti, che mi è avvenuto di poter raccostare sia coll'aiuto della memoria (che sempre viva mantenni di talun d'essi) sia coll'aiuto degli amici, che a me di buon grado ritornarono quanto delle cose mie era stato da loro in vari tempi raccolto. Io non pretendo in essi esibirti un modello di poesia da dovere, o poter imitare; pretendo bensì di esserti esempio in ciò, che fui nemico in ogni tempo dell'ozio e che ebbi dall'amor delle lettere, almeno in questo modo additata, se non in altro migliore, una strada sicura per sottrarmi alle di lui insidie e fuggirlo.
Alcuni di questi componimenti di genere erotico griderebbero altamente contro di me, se io avessi permesso che venissero pubblicati colle stampe, o se fossi stato meno circospetto nell'esporgli alla lettura di chi bramava conoscere le cose mie. Questa prudente circospezione io la raccomando a te pure figliuol mio, e sappi che non mi spinse, a tentar questo genere, amor di lascivie, o torpitudine di mente e di cuore, ma curiosità e brama soltanto di provare se il dialetto nostro poteva esso pure far mostra di alcune di quelle veneri, che furono fin or credute intangibile patrimonio di linguaggi più generali ed accetti. Ho io così fabbricato quell'appuntato coltello, che sarebbe mal affidato nelle mani dell'inesperto fanciullo, e tu lo custodirai, figlio mio, con gelosia, siccome custodiresti le altre armi non meno pericolose fabbricate dai Salomoni e dai Sanchez!
Se tuttavia però qualche accigliato ipocrita alzasse la voce contro tuo Padre e gridasse : All'empio! Al libertino! Al lascivo!, dì francamente a costui che a favor di tuo Padre stava a' suoi giorni la pubblica opinione, ch'esso fu un intemerato amministratore del danaro del Principe: che nessun operaio ha mai frust[r]aneamente reclamata da lui la meritata mercede ; ch'elli non fu mai contaminatore degli altrui talami, ch'elli non ha mai turbato la pace santa delle famiglie, mai blandito con adulazioni le ribalderie e l'ambizion de' potenti, mai chiuse le orecchie ai clamori della indigenza, e che infine egli è vissuto cittadino, figlio, marito, padre e fratello senza che l'infuggibil rimorso o la legge abbia mai un istante percossa la tranquillità de' suoi sonni.
Chiedigli poscia s'egli possa di lui con verità le cose stesse affermare. E se l'animo tuo si acquieta appieno quand'esso risponda che sì, condanna alle fiamme questo mio libro e sagrifica sull'onor di questo ipocrita la memoria di un Padre che procurava d'esser a te caro in un tempo e di divenirlo ancora a' tuoi figli.
Vivi felice
Il Padre tuo Carlo
In Milano li 3 Marzo del 1815.